Il pediatra e psicanalista inglese Winnicott ha coniato il termine "baby blues" (letteralmente "bambino triste") per definire quella sorta di malinconia che colpisce il 50-70% delle donne nei giorni che seguono il parto e che si risolve spontaneamente nel giro di una- tre settimane al massimo. Si tratta di un disturbo di lieve entità caratterizzato da pianto improvviso ed immotivato, stanchezza, irritabilità e nervosismo, labilità dell'umore, paura e preoccupazione eccessive per il neonato e paura di non essere all'altezza del nuovo ruolo di madre. La forte componente ansiosa può sfociare in problemi del sonno e dell'appetito così come in disturbi psicosomatici (frequenti le cefalee).Tenendo conto della grande frequenza della sindrome del baby blues (o maternity blues) la si può considerare non tanto una malattia quanto una reazione fisiologica dovuta al riassetto sia fisico (in particolare al brusco calo ormonale degli estrogeni) che psicologico seguente al parto. La "banalità" del quadro non deve portare alla sua sottovalutazione. Esso rappresenta infatti il collegamento tra il versante biologico e quello psicologico; tra la normalità e la psicopatologia dal momento che esso comprende, se pure in misura minore, molti dei sintomi e delle problematiche caratteristiche della patologia puerperale maggiore.